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Sulle orme del fondatore

  • 15. Marzo 2024
  • 7 minuti di lettura

Carl Johann Freudenberg: è con lui che inizia la storia di grande successo del gruppo tecnologico Freudenberg. Il 9 febbraio 1849 fondò, insieme a un partner, una piccola fabbrica di pelletteria a Weinheim cui fece seguito una strepitosa ascesa che la porterà a diventare un’azienda globale ampiamente documentata anche in un moderno archivio. Ma cosa ci rivelano quei documenti storici sulla personalità del fondatore, sull’uomo Carl Johann? In che modo influiscono ancora oggi il suo pensiero e il suo operato sui valori aziendali di Freudenberg?

L’archivista dell’azienda, Julia Schneider, dice: “Immaginatevi il fondatore di una start-up che è appena diventato padre per la terza volta e nel bel mezzo di una guerra civile si fa prestare una grande quantità di denaro dal suocero per acquistare un piccolo impianto industriale sul lastrico!”. Questo ritratto, sicuramente semplicistico, del tipo di uomo che era Carl Johann dimostra che, molto probabilmente, non gli mancava la fiducia in sé stesso. Ebbe la fortuna di riuscire a combinare gli ingredienti giusti per trasformarsi, passo dopo passo, da apprendista a comproprietario dell’azienda per poi diventarne l’unico proprietario. Ma quali erano questi ingredienti? Cosa ha fatto credere a quel padre trentenne che ce l’avrebbe fatta in un periodo di assoluta incertezza? “Gli ingredienti erano i tratti caratteriali giusti, ma anche i giusti compagni di viaggio, sia a livello professionale che privato”, dice la Schneider.

La foto colorata a mano del 1857 mostra il fondatore dell’azienda con la moglie e sei dei suoi figli.

L’infanzia

Carl Johann aveva solo nove anni quando perse il padre, Georg Wilhelm. Georg gestiva inizialmente a locanda “Zum Löwen” ad Hachenburg, paesino situato tra Colonia e Francoforte. Con la prima crisi causata dalle avversità che colpiscono l’industria, le cose iniziano ad andar male. All’inizio del 1829, la locanda dovette chiudere e l’albergatore si trovò a dover cambiare radicalmente professione. Gli venne affidato l’ufficio di raccolta dei dazi doganali di Weilburg an der Lahn, dove morirà poco dopo, il 9 marzo 1829. L’unico ad essere rimasto ancora con lui era il figlio Carl Johann, che aveva portato con sé da Hachenburg. La famiglia soffriva e lottava per la sopravvivenza. La madre di Carl Johann si trasferì con lui e i suoi cinque fratelli a Neuwied, dove vennero aiutati da alcuni parenti. All’età di quattordici anni, Carl Johann doveva cavarsela da solo e, quindi, cominciò un apprendistato presso lo zio, un commerciante di pellami, a Mannheim, lontana ben duecento chilometri – una distanza enorme per quei tempi.

“Le difficoltà della famiglia hanno certamente innescato qualcosa in Carl Johann, sicuramente anche il desiderio di diventare qualcuno”, afferma Schneider. “Lo si deduce dal periodo successivo, quando, con grande ambizione, diligenza e rigore, diventò una sorta di imprenditore di sé stesso”.

La carriera

Carl Johann doveva cavarsela da solo. Ciononostante, trova rapidamente la sua strada e scopre i suoi punti di forza. Lavorando come apprendista dello zio Johan Baptist Sammet e del suo socio Heinrich Christian Heintze, Carl Johan viveva a Mannheim, una grande città molto più dinamica della sua città natale. “Durante questo periodo, comincia a notare gli effetti positivi del proprio operato e delle proprie capacità sulla sua vita. Questo gli dette fiducia, cosa che lo aiutò a perseguire il proprio obiettivo di diventare qualcuno”, afferma l’archivista. La spinta gliela diedero la sua diligenza e la grande ambizione. Il giovane non solo serviva la clientela dietro il bancone dell’impresa commerciale dello zio e consegnava merci a domicilio, ma, con i soldi ricavati dal commercio di pellami, commerciava anche in sigari. Sebbene non avesse frequentato la scuola secondaria, imparò il francese e l’inglese, frequentava regolarmente il Nationaltheater di Mannheim, si muoveva sempre più sicuro di sé in circoli prestigiosi e internazionali e continuava dimostrare le sue capacità presso l’azienda dello zio. Nel 1844 rilevò il venti percento delle quote ­diventando così socio occulto.

Il matrimonio

Nello stesso anno, Carl Johann sposò Sophie Martenstein, che aveva conosciuto nella primavera dell’anno prima presso un circolo canoro, una cosiddetta Liedertafel. Sophie proveniva da una ricca casata di Worms. Il padre era un mercante di spezie, un uomo d’affari altamente rispettato, che acconsentì alle nozze non certo senza aver verificato e appurato le buone intenzioni e il buon carattere, per non parlare dell’aspetto, del futuro sposo. Ne verificò la situazione economica, sia in termini di finanze personali che di successo professionale. Nelle sue memorie, Sophie scriveva: “La convinzione di accogliere in famiglia un genero rispettabile e scrupoloso che si era guadagnato ben 5.000 fiorini [che, convertiti, ammontano a circa 100.000 euro], ha spinto mio padre ad affidargli la sua unica figlia”.

Negli anni successivi verranno al mondo prima due figlie: Elise e Luise, quest’ultima, però, morirà presto. Quando nacque il figlio Friedrich Carl nel 1848, a Mannheim stava già infuriando la Rivoluzione del Baden.

Weinheim 1857, con la fabbrica di pelli verniciate di Freudenberg sulla sinistra, parzialmente coperta dagli alberi.

Il contesto storico

Cosa stava succedendo proprio davanti alla porta di casa di Carl Johann a Mannheim? Si trattava nientepopodimeno che del diritto alla libertà di stampa, dei grand giurì e di uno Stato-nazione tedesco con un Parlamento liberamente eletto. Fino a quel momento, il Land era stato un mosaico di territori indipendenti, tra cui anche quello del Granducato di Baden con la città di Mannheim. I rivoltosi si dividevano in due fazioni: quella liberal-­costituzionale e quella radical-democratica. ­Mannheim era in fermento, si esigeva a gran voce un cambiamento radicale, si tenevano assemblee popolari cui partecipavano migliaia di persone. Ne seguirono tantissime altre, poi, in tutto il paese. Gli scontri non si contavano. “Gli uomini d’affari, che solitamente desideravano condizioni politiche stabili, assistevano agli eventi con grande preoccupazione. Lo stesso valeva per il nostro fondatore”, dice l’archivista aziendale di Freudenberg.

L’imprenditore

Il paese stava attraversando tempeste politiche in seguito alle quali crollò anche la banca tramite cui si finanziava il commercio di pellami dello zio mediante cambiali. Non riuscendo più a pagare i creditori, l’azienda chiuse i battenti nel 1848. “Freudenberg ebbe la fortuna di riuscire a sfruttare la crisi come opportunità, poiché aveva una famiglia forte alle spalle che poteva aiutarlo anche dal punto di vista economico”, spiega la ­Schneider. Il suocero, che nutriva grande stima per Carl Johann, mise a disposizione della figlia Sophie il capitale necessario affinché potesse sostenere il marito nel suo progetto, ossia rilevare una quota dell’azienda. Per quei tempi, il coinvolgimento di una figlia femmina negli affari di famiglia rappresentava un approccio alquanto progressista.

Novant’anni dopo, nelle sue memorie, il figlio del fondatore dell’azienda, Friedrich Carl, nato proprio nell’anno della rivoluzione, scriveva: “Poiché la liquidazione richiedeva la separazione dei due proprietari, papà poté scegliere tra i due comproprietari. La sua scelta ricadde sul signor Heintze. Fu così che nacque la società Heintze & Freudenberg di Weinheim che più tardi, nel 1849, rilevò la piccola conceria di pelle di vitello”.

Ma perché acquistò una quota della pelletteria insieme a Heintze e non una del commercio di pellami dello zio? Per un imprenditore, la fabbrica di pelletteria offriva opportunità di sviluppo e di crescita notevolmente maggiori rispetto a un “semplice” commerciante di pellami. “È proprio qui che notiamo la lungimiranza imprenditoriale di Carl Johann”, dice l’archivista aziendale Schneider. Ma notiamo anche qualcos’altro: “La convinzione di potercela fare in quei tempi così difficili era sicuramente fondata sul fatto che era riuscito ad uscire indenne da una crisi finanziaria e a dimostrare le sue qualità già quand’era giovane. In un certo senso, si stava ripetendo un qualcosa che aveva già imparato a risolvere. Questa volta, però, era fermamente intenzionato a sfruttare la sua esperienza e le sue forze a suo vantaggio”. Nel bel mezzo della rivoluzione, quindi, pose le basi per creare quella che diventerà poi un’impresa globale. Il 9 febbraio 1849, un venerdì, i soci costituirono ufficialmente la società Heintze & Freudenberg iscrivendola nel registro delle imprese. Pochi mesi dopo venne repressa anche la rivoluzione.

Il dirigente

Nei tre anni successivi alle vicende di cui sopra, viene quadruplicato il fatturato e il numero di dipendenti aumenta da cinquanta a centosettanta. “Questo è dovuto in particolare a tre aspetti”, dice la Schneider. In primo luogo, la qualità. “A quei tempi, nella sola Germania esistono circa diecimila aziende produttrici di pelle. Freudenberg sa che lui e Heintze possono distinguersi unicamente offrendo un prodotto di qualità”. In secondo luogo, gli è chiaro che, per acquistare pellami e vendere pelle, deve rapidamente internazionalizzare l’azienda. In linea con il motto “go big or go down”, i due instaurano rapporti commerciali con gli Stati Uniti e la Svizzera, con la Gran Bretagna, la Francia e la Turchia (che allora era ancora l’Impero Ottomano). Dulcis in fundo, Freudenberg riconosce tempestivamente l’importanza dell’innovazione, quindi fa sua una tendenza proveniente dalla Francia e fa produrre pelle verniciata. Per farlo deve prevalere sulla volontà del suo partner Heintze. “Chi produce pelle verniciata, va in carrozza; chi produce pelle normale, va a piedi”, dice lui stesso, dimostrando ancora una volta grande lungimiranza. All’Esposizione universale di Londra nel 1851, infatti, il prodotto di Weinheim sarà premiato, garantendo il successo dell’azienda per molti anni.

Il mentore

Dopo essere divenuto l’unico proprietario dell’azienda nel 1874 e aver saldato i debiti nei confronti della famiglia Heintze, ancora una volta grazie all’aiuto finanziario della famiglia di sua moglie, Carl Johann riuscì a mostrare il suo lato provvidente di imprenditore, prima presumibilmente ostacolato da un partner che pensava solo in termini economici. Nello stesso anno, fondò una sorta di assicurazione sanitaria per i suoi dipendenti, dalla quale, in seguito, si svilupperà la cassa mutua di Freudenberg. A questo fece seguito un fondo generale di sostegno per i lavoratori in difficoltà e le loro famiglie. “Qui si nota il legame con le esperienze vissute nella sua prima infanzia”, dice la Schneider.

A sostegno della sua missione, Freudenberg inserì anche i figli Friedrich Carl e ­Hermann Ernst in azienda, trasformandola in un’azienda a gestione familiare. Nel 1887 li rese partecipi come partner per un terzo ciascuno. A quel punto, l’organico dell’azienda contava già più di cinquecento dipendenti. Nel 1887, in occasione del ricambio generazionale e alla luce delle dimensioni ormai assunte dall’azienda, Carl Johann scrisse di proprio pugno anche i principi aziendali. Modestia, onestà, una solida base finanziaria e la capacità di adattarsi ai cambiamenti del tempo sono per lui i principi più importanti per garantire il successo dell’attività imprenditoriale. Anche il motivo della fiducia, e non solo la fiducia in sé stessi, ma anche nella propria famiglia, nei partner e nei dipendenti, svolgeva un ruolo importantissimo. “Preferisco fidarmi cento volte di qualcuno rischiando di sbagliarmi almeno una volta, piuttosto che diffidare una volta ingiustamente”.

In sintesi, significa che Carl Johann ­Freudenberg, segnato da una serie di sfortune, aveva sempre “cercato di sfruttare al meglio ogni situazione” (citando i principi aziendali) attraverso la dedizione, il rigore, la tenacia, la fiducia in sé stessi e la fedeltà ai principi, per esprimerlo con le sue stesse parole. Sa abbiniamo il tutto alla lungimiranza imprenditoriale, alla corrispondente apertura mentale verso il cambiamento e l’innovazione e alla cultura vissuta della fiducia, Carlo Johann si trasformò in un imprenditore di successo il cui lascito continua a plasmare ancor oggi la cultura dell’azienda.

I principi da lui formulati all’epoca sono a tutt’oggi alla base delle policy aziendali del gruppo Freudenberg valide a livello globale.

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