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La rivista aziendale interna di Freudenberg Sealing Technologies
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Il Sud-est asiatico diventa la nuova regione strategica

  • 7. Marzo 2023
  • 9 minuti di lettura

Claus Möhlenkamp, Chief Executive Officer di Freudenberg Sealing Technologies (FST), analizza l’attuale crisi energetica e spiega quale impatto abbia su FST, quali siano le opportunità dell’azienda in termini di energie rinnovabili e quale strategia si stia perseguendo.

Signor Möhlenkamp, guardiamo indietro: com’è andato l’anno d’esercizio 2022 per Freudenberg Sealing Technologies (FST)?

Il 2022 è stato un altro anno d’esercizio insolito e ancora difficile. È stato caratterizzato da argomenti ben noti, come le interruzioni della catena di approvvigionamento e i colli di bottiglia nelle consegne, soprattutto per i prodotti del settore chimico e i chip elettronici, cosa che ci ha colpiti di riflesso ai nostri clienti del settore automobilistico; in Cina; i lockdown dovuti al COVID-19. Poi si è aggiunto anche un nuovo fardello, la guerra in Ucraina. Il risultato è stato un aumento spropositato dei prezzi dell’energia, a cui tutti dobbiamo far fronte, nonché l’aumento dell’inflazione. Nel complesso, per FST non è stato facile raggiungere gli obiettivi prefissati. Tuttavia, siamo stati capaci di adottare misure efficaci in tempo utile per contrastare la situazione, riuscendo così a raggiungere i nostri indicatori principali per quanto riguarda fatturato, utili e cash flow. I nostri dipendenti hanno lavorato in modo straordinario in tutte le aree interessate, permettendoci di mantenerci in pista anche in condizioni di estrema difficoltà.

Come sta reagendo FST alla crisi energetica? E che impatto ha la crisi sulla nostra situazione economica?

La guerra in Ucraina ha avuto un impatto significativo sui prezzi e sui costi dell’energia. Dopo tutto, il timore iniziale peggiore che l’approvvigionamento energetico in Europa sarebbe crollato non è ancora stato confermato. Attualmente è disponibile l’energia che ci serve, anche se i prezzi sono aumentati drasticamente. In alcuni paesi, i costi energetici oggi sono tre, quattro o addirittura cinque volte quelli di prima, mentre, in altri, gli aumenti probabilmente non si faranno sentire completamente fino all’anno prossimo. Negli Stati Uniti, la situazione non è così tesa. Anche qui i costi sono aumentati, ma sono ben lungi dai livelli raggiunti in Europa. In ultima analisi, però, la crisi sta colpendo tutti in tutto il mondo, anche se con effetti dilazionati e di diversa gravità. Parliamo di un mercato dell’energia che opera a livello globale. Attualmente, però, Cina e India sono in gran parte esonerate dall’impennata dei prezzi dell’energia. Entrambi i paesi, infatti, continuano a reperire petrolio e gas dalla Russia, a prezzi probabilmente moderati.

È scoccata l’ora delle energie rinnovabili? Se è così, che opportunità offrono a FST?

Gli obiettivi mondiali in materia di protezione del clima sono chiaramente definiti e improrogabili. Nel lungo termine, non c’è altra via d’uscita se non sostituire i combustibili fossili e, quindi, si deve ricorrere alle energie rinnovabili. In questo ambito siamo ben posizionati e disponiamo di un’ampia gamma di prodotti. Vantiamo anche una grande capacità innovativa. Dal fotovoltaico all’energia eolica all’idrogeno “verde”, abbiamo sviluppato soluzioni per tutte le applicazioni. Per assurdo, l’eliminazione graduale del gas e del petrolio, soprattutto in Germania, sta portando attualmente al ritorno al carbone. A volte sembra quasi che si facciano due passi avanti e uno indietro. Ma la tendenza è evidente: ci stiamo orientando sempre più verso le energie rinnovabili.

Prime voci dicono che la crisi energetica e l’alto tasso di inflazione potrebbero ripercuotersi negativamente sul boom delle auto elettriche e mettere addirittura a repentaglio l’abbandono del motore a combustione. Com’è la situazione secondo Lei?

A volte si mettono in discussione cose in considerazione di eventi temporanei, come, ad esempio, l’aumento dei prezzi al distributore, e si richiedono a gran voce alternative valide. I prezzi, sia per il combustibile convenzionale che per l’elettricità, sono volatili, salgono e scendono in continuazione. FST ha una visione molto chiara: prevediamo che la fine delle autovetture con motori a combustione arriverà entro il 2035, seppure con quantità d’auto residue per il mercato dei ricambi. Se questa trasformazione della tecnica delle trasmissioni dovesse durare alcuni anni in più, non fa molta differenza per il nostro scenario di uscita dal settore. Per noi, piuttosto, la domanda cruciale è per quanto tempo ancora potremo supportare economicamente il “settore motori a combustione”. A quanto arriveranno, a un certo punto, le quantità totali di questo segmento di mercato? Alla fine, dobbiamo decidere se e per quanto tempo vogliamo rimanere operativi nell’attività rimanente. È ancora un futuro lontano, comunque.

Per questo stiamo portando avanti la nostra strategia attuale, ovviamente consapevoli che potrebbero essere necessari dei cambiamenti di rotta. Nel medio termine, questa trasformazione porterà al completo stravolgimento del nostro portfolio. Entro il 2035, ovunque siamo leader di mercato intendiamo mantenere la nostra posizione fino in ultimo per i nostri clienti. Grazie alle nostre strutture produttive globali, abbiamo la possibilità di adattare flessibilmente le capacità e, ove necessario, di estendere la produzione dei prodotti corrispondenti qui e là. Per ora, però, dovremmo avere la saggezza di capire quale sarà il futuro degli stabilimenti dove oggi produciamo principalmente prodotti per motori a combustione.

Una trasformazione di questa entità esige innovazioni: quali nuovi prodotti ci sono nella nostra pipeline?
Su quali mercati e segmenti si sta concentrando FST?

Vantiamo una gamma di prodotti estremamente ampia, varia e in continua espansione. Da quattro anni, il nostro target strategico è rivolto alle energie rinnovabili e all’elettromobilità. Qui molto è cambiato su diversi fronti. Con la famiglia di prodotti DIAvent, che nel frattempo è diventata un sistema modulare, stiamo registrando ottimi progressi con le membrane. In questo settore auspichiamo fatturati elevati. Si prevedono almeno trenta milioni di euro entro il 2025. Il potenziale previsto nel medio termine è di cento milioni di euro. Ci sono già pervenuti ordini di produzione in serie da diverse case automobilistiche, ma anche da produttori di batterie.

Produrremo il DIAvent solo a Reichelsheim anche in futuro?

In Nord America, ad esempio, abbiamo ricevuto ordini importanti da Ford. Di conseguenza, realizzeremo il DIAvent in vari stabilimenti in tutto il mondo: negli Stati Uniti, in Cina, dove abbiamo ricevuto prime richieste da parte dei clienti, e anche in vari stabilimenti europei. A proposito: DIAvent è un esempio lampante di come sviluppiamo i prodotti per nuove applicazioni pronti per la produzione in serie per poi produrli in grandi quantità. In questo modo, siamo in grado di sostituire componenti o intere linee di produzione che non servono più con elementi nuovi.

Com’è la situazione in merito ad altre innovazioni?

Avevamo così tante idee in cantiere che abbiamo dovuto pensare seriamente a concentrarci solo su alcune e a fissare priorità. I prodotti preposti alla gestione termica sono piuttosto promettenti, ad esempio i nuovi sviluppi come i materiali di barriera antifiamma e gli scudi termici, ma anche prodotti già affermati come i nostri connettori Plug&Seal. Con l’avanzata a grandi passi dei veicoli elettrici, va persa una parte dei nostri fatturati precedenti, ma la possiamo tamponare bene, da un lato con prodotti completamente nuovi e, dall’altro, con prodotti già collaudati e ulteriormente perfezionati che trovano impiego anche in applicazioni non automobilistiche, ad esempio nelle macchine agricole e edili oppure negli autocarri e negli autobus.

Ci sono pervenuti ordini di produzione in serie per prodotti destinati alle applicazioni nelle batterie che prospettano fatturati potenziali nell’ordine delle centinaia di milioni di euro. Stiamo lavorando attivamente sui componenti per la trasmissione di corrente ad alta tensione e abbiamo già testato e sottoposto a prove di produzione numerosi prodotti in fase di pre-sviluppo.

“Gli obiettivi mondiali in materia di protezione del clima sono chiaramente definiti e improrogabili. Nel lungo termine, non c’è altra via d’uscita se non sostituire i combustibili fossili e, quindi, si deve ricorrere alle energie rinnovabili. In questo ambito siamo ben posizionati e disponiamo di un’ampia gamma di prodotti”.

Claus Möhlenkamp | Chief Executive Officer
Freudenberg Sealing Technologies

Cosa offriamo ai nostri clienti in fatto di tecnologia a sensori?

Nel settore della tecnologia a sensori intravediamo varie applicazioni possibili, per esempio la cosiddetta Wave Guide Antenna (N.d.T.: antenna a guida d’onda). Si tratta dello sviluppo di un’antenna per radar automobilistici con la quale siamo in grado di offrire ai nostri clienti un valore aggiunto reale rispetto alle soluzioni odierne, e addirittura ancora più conveniente. Anche per questa abbiamo ricevuto un ordine per lo sviluppo per la produzione in serie. Al momento, stiamo sperimentando il lusso di ricevere più richieste dei clienti di quante ne possiamo realizzare. Ovviamente, ce ne stiamo occupando con la dovuta diligenza, fissando priorità e continuando a sviluppare.

Tra i prodotti ad alto potenziale ci sono anche i cappucci di protezione per le celle batteria, i cosiddetti Cell Caps. Qui, il nostro reparto di sviluppo ha già a buon punto con progetti per il gruppo Volkswagen, Mercedes o PSA, per citarne solo alcuni. A questi si aggiungono innumerevoli componenti classici, ad esempio, le guarnizioni per connettori fotovoltaici del nostro stabilimento di Öhringen, acquistate dal produttore leader di connettori per impianti fotovoltaici. Ne consegniamo dai seicento agli ottocento milioni di pezzi all’anno. A breve, il quantitativo consegnato supererà il miliardo. Si sta facendo molto, quindi, riguardo il nostro intero portfolio. L’aspetto importante per noi è che circa il sessanta per cento delle richieste pervenute riguarda le energie rinnovabili o l’elettromobilità.

Parola chiave: catena di approvvigionamento globale. I colli di bottiglia nelle consegne di microchip o materie prime come il fluoroelastomero degli scorsi anni sono ormai acqua passata?

I recenti colli di bottiglia nelle consegne non sono più così gravosi. Le acque si sono in qualche modo calmate e stiamo lavorando a soluzioni che possano eliminarli completamente. Sono certo, però, che si presenteranno nuovi ostacoli. La carenza di chip vissuta finora dall’industria automobilistica ci ha colpiti indirettamente. Abbiamo avuto difficoltà nella logistica delle forniture in tutto il mondo anche per il mancato arrivo delle navi container e per il drastico aumento dei prezzi dei trasporti. Le impasse con l’FKM sono state gravissime per noi, perché l’FKM ci serve come materia prima per tantissimi prodotti. Per il prossimo anno, un fornitore ha già annunciato che non sarà più in grado di fornire determinati materiali nella quantità richiesta. La prossima impasse, quindi, è già alle porte. Comunque, stiamo lavorando sodo per trovare alternative adeguate.

Quali sono le cause di queste improvvise difficoltà di consegna?

Materiali che ieri erano ancora disponibili senza problemi improvvisamente scarseggiano perché servono per nuove applicazioni, ad esempio nella tecnica delle batterie, e ne servono grandi quantità. La trasformazione verso nuove tecnologie sta cambiando drasticamente i flussi di domanda dei mercati. A causa dei quantitativi relativamente piccoli, per alcuni produttori non siamo più interessanti. Alcune materie prime sono in genere limitatamente disponibili e costose, altre, invece, sono soggette a regolamentazioni o sono vietate per motivi di protezione ambientale. A tutto questo si aggiunge l’attuale tendenza verso la de-globalizzazione, che continuerà a pesare sulle catene di approvvigionamento. In altre parole, dobbiamo prepararci a colli di bottiglia nelle consegne anche per il 2023.

Diamo uno sguardo alla Cina. Prima i lockdown dovuti alla pandemia, poi i contagi in massa, le navi bloccate nei porti, i massicci sconvolgimenti nella catena di approvvigionamento e, per finire, le tensioni nel mondo politico. Che piani ha FST per la sua politica futura in Cina?

Il nostro principio è sempre stato quello di produrre in un paese per quel paese. Questo si applica in Europa come anche negli Stati Uniti e in Cina. Quando abbiamo definito il fine aziendale per i nostri stabilimenti di produzione in tutto il mondo, l’attenzione non è mai stata rivolta all’esportazione, anzi. Oggi, infatti, la nostra quota di esportazioni dalla Cina è inferiore all’uno per cento. Per quanto riguarda il valore aggiunto complessivo in Cina, siamo esattamente dove volevamo essere: acquistiamo le materie prime necessarie entro i confini del paese, dove produciamo i nostri compound e componenti e li vendiamo alla clientela locale. Per quanto riguarda lo sviluppo, possiamo ancora migliorare. Il nostro messaggio per il futuro è “La Cina per la Cina”. Questo vale anche per lo sviluppo dei dipendenti: per il nostro top management e il livello sottostante vogliamo avere persone del luogo, non persone inviate dall’Europa o dagli Stati Uniti.

A quali altri mercati e siti di produzione asiatici sta guardando attualmente FST?

Dobbiamo guardare a tutta l’Asia, creare nuove tendenze nonché creare e espandere gradualmente le nostre attività nel sud-est asiatico nei prossimi tre o cinque anni. Nel prossimo periodo strategico, che inizierà nel 2024, ci concentreremo su Malesia, Indonesia, Vietnam e Thailandia, interessanti per noi non solo come mercati, ma anche per il loro enorme potenziale in termini di manodopera. In questi paesi procederemo come abbiamo fatto in passato in Cina e in India, ossia installando produzioni e producendo per i mercati locali.

Per inciso, nel Sud-est asiatico non partiamo da zero, abbiamo già un Service Center a Kuala Lumpur e gestiamo un centro di ingegneria del software. A Batam, in Indonesia, disponiamo di un impianto di produzione insieme a NOK. Di recente abbiamo ampliato la superficie adibita a produzione di altri quattromila metri quadri. Questo ci pone in un’ottima posizione, ma, nel complesso, siamo ancora sottorappresentati.

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